Anteprima Riders10 / El Solitario: «Io vedo le moto come oggetti primitivi, come le asce»

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Intervista a El Solitario, uno degli special guest di Riders10, domenica 10 settembre sui Navigli tratta dal numero celebrativo per i dieci anni di Riders che sarà in anteprima all’evento, tutte le info qui).

Testo Moreno Pisto

Cavo, isola d’Elba-Los Angeles. Sei di sera qua, otto del mattino là. Un cellulare vicino a un altro per registrare la conversazione, viva voce su un muretto del porto. Vento, onde sugli scogli, motori di barche che entrano ed escono, bambini che urlano. Dall’altra parte del telefono, del mondo e di vari fusi orari David Borras Higuero, El Solitario. Forse è lui il preparatore più Riders sul pianeta Terra, perché sa coniugare stile, sostanza, design e comunicazione come pochi, forse meglio di chiunque altro. Linee e contesti post punk e post atomici (vi ricorderete della Petardo, nata sulla base di una Ducati 900ss del 93, o della Impostor, una nineT ingabbiata in una struttura di ferro, come se fosse un tentativo figurato di contenerne l’aggressività), linguaggio da esperto di marketing in ogni suo video o post (fantastici il suo Motorcycles Have No Future. No Fear, il suo logo, il suo W.T.F), merchandising curato, giusto nei tempi e nella progettazione.

Solo scambiandoci messaggi via mail o whatsapp capisci che El Solitario, 40 anni, è quello che potrebbe definirsi un preso bene, un entusiasta, un punk positivo. Spesso, per essere così bravo nel comunicare viene criticato: troppo marketing, dicono. Ma la verità è che su alcune cose è arrivato prima degli altri e ha continuato meglio di molti.

David, dico questo perché solo nell’ultimo mese almeno tre sono stati i progetti di customizzatori che mi chiedevano: abbiamo bisogno di sponsor, Case o brand di abbigliamento, per realizzare il nostro progetto, con Riders puoi darci una mano? Questa oramai è la tendenza generale. Però pochi, pochissimi, ci riescono a pieno. Tu, per esempio. Perché? E questo alla lunga non potrebbe degenerare in qualcosa che in qualche modo limita la libertà?

«Uhm, domanda difficile. Ok, 8 di mattina… Per lavorare con le aziende devi veramente sapere come funziona questo business perché loro hanno spesso una mentalità chiusa. Per esempio: loro dicono che vogliono la libertà e poi fanno cose che sono esattamente l’opposto, devi capire cosa sono, cosa vogliono, quale progetto potrebbe andare bene – e per ognuno di loro è diverso – e una volta capito il DNA dell’azienda che ti interessa allora puoi aiutarla. Noi abbiamo capito che lavorare con le grandi aziende e i grandi budget ti permette di raggiungere un livello di perfezione, e arrivare a fare qualcosa di quasi perfetto è comunque un segno di libertà, perché devi avere e prenderti un sacco di libertà per essere in grado di raggiungere i tuoi sogni, ma d’altra parte questo è il problema della vita, la vita è fottutamente complicata, l’uomo cerca sempre quello che non ha, questa è la condizione umana. Quando eravamo più piccoli, El Solitario era basato sull’improvvisazione ed era bellissimo, era improvvisazione su improvvisazione su improvvisazione e qualcuno diceva che eravamo solo fortunati, io dico che eravamo molto concentrati e motivati e quando sei molto concentrato e motivato le stelle si allineano…»

Ora state crescendo, diventando grandi e non c’è più spazio per l’improvvisazione, corretto?

«E quando inizi a lavorare su grandi progetti la legge di Murphy è la prima legge, se qualcosa può andare storto lo farà, e succede sempre».

Quando dici che bisogna essere concentrati, intendi concentrati su cosa?

«Sulla vita, concentrato sulla vita! La vita è corta, troppo corta per perdere il focus. Non puoi perdere il focus, se perdi il focus il tempo semplicemente ti scorre via, e non combini niente. Qualunque sia il tuo destino, qualunque sia il destino che tu voglia, devi essere concentrato su un obiettivo, ma non tutti gli esseri umani lo sanno».

E qual è il tuo destino?

«Ora il mio focus è andare avanti ed evolvere, mantenendo me stesso in salute, creativo, fare le cose che voglio con le persone che voglio, questo è il mio più grande obiettivo. E cerco sempre la soddisfazione personale».

In quale modo tutto questo coinvolge la passione nuda per le moto e il motociclismo?

«Ho iniziato con le moto a 12 anni, non potevo avere una macchina, mi piacevano davvero le auto ma poi ho scoperto le moto ed è stato come un incantesimo, le moto sono fottutamente fighe, ti fanno uscire da te stesso, devi essere concentrato per essere su una moto, ma giusto abbastanza per ottenere una sorta di meditazione, e puoi rompere le regole in moto, e questo è figo, puoi fare quello che vuoi tanto la polizia non ti becca se sei abbastanza veloce, ahahaha, è uno strumento di libertà nella società settorizzata di oggi dove ti dicono questo è giallo questo è rosso questo è verde… questo è… Ma andate a quel paese».

Perché hai scelto come nome El Solitario?

«Perché non capivamo molte decisioni che sono state fatte nel mondo delle moto, ora c’è un vento di cambiamento, sono ottimista, ma penso che le moto fossero totalmente perse anni fa. Quando abbiamo iniziato con El Solitario c’erano un sacco di schifezze nel mondo custom, delle Case, parlo di quello che davano al pubblico… Alla fine El Solitario nasce 2005 ma il progetto vero parte nel 2010, e in questi 7 anni hai notato che il mondo delle moto si è capovolto?».

E prima di diventare un costumizzatore cosa facevi?

«Lavoravo con i soldi, numeri, trading…».

Ma hai studiato per questo o…

«Ho studiato legge. Sono sempre stato come dire… non un ragazzino problematico ma sono sempre stato un ribelle. Ma ero bravo a scuola, sono sempre stato bravo a scuola, sono stato cacciato da scuola a 7 anni, però sempre per colpe comportamentali. Quindi quando sono arrivato all’università non avevo un vero obiettivo, studiavo perché avevo capito che se avessi studiato avrei passato delle belle vacanze, quindi studiavo ma volevo solo fare festa, uscire con gli amici e usare e scroccare le moto».

Dove hai studiato? A Vigo?

«In giro per il mondo, Inghilterra, USA, Vigo, Madrid, Roma… Un sacco di posti, passavo da un collegio all’altro, venivo cacciato da uno e andavo in un altro. Quando sono andato nel primo collegio avevo 12 anni, quindi ho lasciato più o meno casa a 12 anni, e quando è venuto il momento di studiare e non sapevo cosa fare mia mamma mi disse David, a te piace infrangere le regole, avere problemi con la legge, perché non studi legge? Quindi l’ho fatto, sono diventato avvocato e poi dopo 6 mesi ho trovato il primo lavoro e 2 settimane dopo mi sono licenziato dicendomi: non voglio mai diventare questo nella mia vita».

E i tuoi genitori?

«Mia mamma produce vino, in maniera ribelle lei vive da sola in mezzo alla campagna in una piccola dimora del 16secolo e si produce il suo vino biodinamico totalmente naturale. Mio padre è ingegnere navale ma alla fin fine è un uomo d’affari, un manager».

Credi in Dio?

«No, sfortunatamente no. Mi piacerebbe… Dio è figo! Dio è sempre lì per aiutarti, prendersi cura di te, di chi muore, della famiglia… io a volte mi sento così da solo».

El Solitario!

«All’inizio pensavo che El Solitario fosse un buon nome perché avevamo un’idea molto personale sul come le nostre moto sarebbero dovute essere».

Parlami di questa idea.

«No compromessi. Credo che le moto, come dice Harley siano delle freedom machine. Le voglio più leggere possibili, quindi non devono per forza essere molto potenti, devono dirti una storia, ogni moto racconta una storia».

Qual è l’azienda con la quale ti piacerebbe lavorare?

«Vorrei fare qualcosa di elettrico. Tutto diventerà elettrico e sarà molto meglio».

Ecco il tuo motto: Motorcycles Have No Future. No Fear.

«Esatto! Le moto per come le abbiamo conosciute non hanno futuro, ma proprio per questo oggi non hanno niente da temere e niente da perdere… Se non c’è futuro, non c’è niente da perdere ahahah. È libertà totale, no? Quando non hai niente da perdere è tutto per te… E questa roba è nel DNA delle moto. Quando sali in moto metti a rischio il tuo corpo, ma è proprio questa paura la potenza segreta, che ti mantiene giovane, che ti fa sentire più sveglio e pronto per qualsiasi cosa accada. Insomma, credo che la moto ti renda una persona migliore».

Ci sono altri customizzatori a cui guardi per prendere ispirazione o no?

«No. Mai. Ci sono dei ragazzi di cui amo i lavori».

Ad esempio?

«Maxwell Hazan…Incredibile, mi entusiasma così tanto la sua motivazione sempre così alta. E poi Shinya Kimura… Lo conosco da molti anni ed è incredibile come lui stia sempre nel suo garage a lavorare 24 su 24 tutti i giorni».

Hai incontrato qualche customizzatore nel tuo tour a Los Angeles?

«Sì, ad esempio ieri ho pranzato con Toshiyuki Cheetah ed è sempre molto figo, mi piace un sacco quello che fanno molti customizzatori, però provo sempre a mantenermi alla larga, a non farmi infuenzare da loro anche se amo quel che fanno, provo a prendere ispirazione da altri aspetti della vita anche diverse dalle moto».

David, la gente dice che le moto non sono per i giovani… Credi sia vero?

«Credo che sia giusto il contrario, le moto sono per i bambini! Il problema credo sia che le moto sono pericolose, e io da papà non vorrei che mio figlio andasse in moto perché potrebbe morire ahah sono in un limbo di ipocrisia ora ahah ora ho i miei figli, il maschio ha 10 anni, viviamo in una fattoria in un piccolo villaggio vicino alla spiaggia e all’oceano, e vivere in fattoria ti fa prendere decisioni…quando i figli hanno 10 anni va bene, ma quanto diventa grande inizia a voler uscire con gli amici, a stargli più vicino, uscire nel tempo libero, e noi viviamo lontani, tipo 7-8 km dai suoi amici, quindi ha iniziato a chiedermi una moto, naturale no? Voleva la KTM, la SX 85, diceva di essere un bravo pilota…e io a dirgli: non voglio che tu vada in moto!, così  abbiamo trovato un compromesso: quando avrà l’età, se sarà un bravo ragazzo come adesso avrà un’Ape Piaggio!».

Ahah, come Valentino Rossi! Ma per te, le moto devono avere strumenti di condivisione tipo cellulari, bisogna integrare una tecnologia di condivisione per connettere le moto una all’altra o no?

«Tutte le tecnologie dovrebbero essere sul casco ma non sulla moto, ho visto le tecnologie che stanno per uscire sui caschi, con caschi fighi che ti fanno vedere con una proiezione sulla visiera le mappe, le chiamate in arrivo, Spotify… Tutto sulla visiera…credo che sia una cosa figa sul casco, ma sulle moto? Io vedo le moto come primitive, come un’ascia, come i coltelli».

Le moto devono semplificarti la vita, renderla essenziale, sono strumenti per sensazioni di libertà provvisorie e assolute, e raccontare una storia, non la moto, la storia che c’è dietro.

«Le moto sono molto collegate al tuo ego. Tu non puoi mentirmi se ti metto su una moto e guidi dietro di me per 10 minuti… So chi sei!».

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