Citroën, le astuzie della 2CV

  1. Home
  2. News
  3. Citroën, le astuzie della 2CV
News

Pensata per chi non avrebbe potuto permettersi nessun’altra automobile, la piccola 2CV doveva essere economica e leggera, vista la piccola cilindrata del suo motore, che nella versione iniziale aveva soli nove cavalli di potenza. I progettisti, su richiesta dell’ingegner André Lefebvre, elaborarono una serie di soluzioni inedita pensata per ogni singolo dettaglio di quella che sarebbe stata la 2CV.

Gli scogli da superare erano il peso e il costo così, dal prototipo della 2CV, furono eliminati alcuni elementi: via l’avviamento elettrico – visto che c’era già la manovella o, al limite, un cavetto a strappo, come nei fuoribordo o nelle motoseghe; via i fari anteriori, ne bastava uno; via l’acciaio da telaio e carrozzeria, dato che si poteva rimpiazzare con magnesio e alluminio, più leggeri e (prima della Seconda guerra mondiale) anche più economici. Tolta anche l’armatura dei sedili: due amache sospese a traverse orizzontali potevano andare benissimo e, infine, via gli indicatori di direzione elettrici, sarebbe bastato sporgere il braccio a destra o sinistra. Era il 1939 e, all’epoca, i progettisti pensavano che questa macchina sarebbe stata utilizzata solo nelle campagne. Persino i vetri laterali furono rimpiazzati da fogli di mica, come negli aerei dell’epoca.

Poi arrivò la guerra, tutti (o quasi) i prototipi furono distrutti e il mondo cambiò profondamente. Quando sei anni più tardi, al termine del conflitto, furono tirate le fila del progetto TPV (Toute Petite Voiture, nome in codice della futura 2CV) i tecnici si accorsero che molte idee del progetto iniziale non erano più adeguate. L’alluminio costava una fortuna e il suo uso andava riservato a ciò che non poteva essere costruito con altro materiale. Poi furono eliminate alcune eccentricità, come il singolo faro anteriore e la mica al posto dei vetri. Anche l’avviamento elettrico tornò a equipaggiare la 2CV, così come l’armatura dei sedili in tubolare d’acciaio. Ma alcune soluzioni rimasero al loro posto fin sulla vettura di serie e quasi tutte caratterizzarono la Deuche, come veniva simpaticamente chiamata la 2CV in Francia, fino alla fine della sua lunga produzione.

I finestrini

I finestrini anteriori sono divisi a metà, orizzontalmente, con due cerniere che sporgono leggermente verso l’esterno della vettura. Da dentro, un gancetto a mezzaluna li tiene chiusi. Per aprirli basta spingere verso l’esterno la parte inferiore del vetro, che può essere ancorata in alto. Perché sono fatti così? La 2CV non aveva indicatori di direzione, che sono arrivati solo negli anni Sessanta, e il conducente doveva sporgere il braccio per segnalare la direzione.

Ma il sistema di apertura rispondeva alle esigenze primarie degli uomini di Lefebvre: era economico, funzionale e leggero e per questo non fu mai cambiato, se non nella forma dei gancetti superiori che mantenevano il finestrino in posizione aperta, per evitare che alla prima buca questo cadesse sul gomito del conducente.

I sedili

I sedili della 2CV entrarono in produzione con un normale telaio in tubolare d’acciaio, ma privi d’imbottitura: era rimasto il concetto dell’amaca, realizzata ancorando una striscia verticale di tessuto ai lati dell’armatura del sedile tramite elastici in gomma. L’idea (già vista in opere dello stilista e architetto Jean Prouvé, autore – tra l’altro – del celebre Garage Citroën di Lione) era semplice e geniale, quindi in linea con la 2CV stessa: la morbidezza combinata di sedili e sospensioni era la garanzia di non rompere nessuna delle uova contenute nel proverbiale paniere che la vettura avrebbe dovuto trasportare attraverso un campo arato. Inoltre, dei sedili così concepiti si prestavano benissimo per essere utilizzati anche al di fuori dalla vettura così, nella gita domenicale per il picnic ed il successivo relax era sufficiente togliere la panchetta.

La capote

Un’altra caratteristica della TPV che arrivò senza modifiche sulla 2CV di serie fu la grande capote in tela che partiva dalla sommità del parabrezza e arrivava sino al paraurti posteriore. Le ragioni della sua presenza vanno ricercate nel risparmio di peso e costo rispetto a un tetto in acciaio, nella funzionalità data dalla possibilità di caricare anche una scala a pioli attraverso il tetto aperto e, infine, nella praticità di poter trasformare la berlina in una cabriolet con un semplice gesto. Sino agli anni Sessanta anche il bagagliaio era chiuso dalla medesima capote e l’apertura si otteneva arrotolando la tela verso l’alto all’altezza desiderata.

Interessante un episodio che accadde nella fabbrica Citroën durante il montaggio dei primissimi esemplari di serie della 2CV. Flaminio Bertoni aveva realizzato i disegni esecutivi della capote e della scocca e corretto parzialmente la parte finale di quest’ultima soltanto pochi giorni prima dell’avvio della produzione degli stampi, peraltro costosissimi, da usare per l’imbutitura della lamiera, ma si era dimenticato di correggere di conseguenza il disegno della capote. Risultato: durante l’avvio della catena di montaggio, quando le prime 2CV pressoché complete arrivarono nella fase di assemblaggio della capote, gli operai si accorsero che capote e carrozzeria non si incastravano come previsto. Si studiò così il problema, scoprendo un errore nel progetto. Ormai però gli stampi erano in posizione nelle presse e la catasta di capote pronte al montaggio sfiorava il tetto del capannone.

L’italiano, come Bertoni veniva chiamato in Citroën, fu invitato a esaminare il problema direttamente sulla catena di montaggio e pensò che le parti potessero ugualmente combaciare tra loro: alla fine si trattava di pochi millimetri e le tolleranze sulle carrozzerie delle vetture dell’epoca erano generose. Bertoni provò e riprovò senza successo finché, in mezzo alle risatine degli operai e dei tecnici di produzione, emerse il suo carattere collerico e violento sferrando un calcio alla 2CV. E lì avvenne il miracolo: con la vibrazione, la capote scattò nella giusta posizione e sulla scena calò il più assoluto silenzio.

Il disegno della capote fu modificato ma intanto, l’indomani, era già pronto uno speciale stivale in gomma e cuoio, in dotazione all’operaio addetto al montaggio delle prime migliaia di capote sulle prime migliaia di 2CV. Ogni volta che una 2CV passava da quel preciso punto della catena di montaggio, l’operaio tirava un calcio in un punto ben preciso e la capote scivolava al suo posto, sulla traversina sotto al lunotto posteriore.

Soluzioni facili a problemi altrimenti irrisolvibili.

BMW presenta la R 1200 GS a guida autonoma
Yamaha all’Africa Eco Race 2019 con Alex Botturi

Potrebbe interessarti…

Menu