Ben e Mary Spies, Mother & Son

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Uno il contrario dell’altra: lui taciturno e serio, lei raggiante e sorridente. Lui pilota Yamaha. Lei mamma tuttofare. Nel paddock fanno coppia fissa, per la prima volta li abbiamo intervistati insieme. Le sorprese? Cominciano dalle foto…

Mamma mia che mamma. Esplosiva, magnetica, energica. Tutto il contrario del figlio: taciturno, riflessivo, estremamente serio. Vederli mangiare insieme nel paddock è straniante. Lui sempre zitto, lei sempre sorridente. Lui che fissa il piatto, lei a testa alta mentre si guarda intorno raggiante. Sole e luna. Ponente e levante. Dritto e rovescio. Insomma: Mary e Ben Spies. Ben Spies e Mary. Il pilota Yamaha che ha preso il posto di Valentino Rossi, reduce da un inizio di stagione non brillantissimo. E la mamma tuttofare, supervisore, consigliera, psicologa, assistente. Un caso unico, almeno nel motociclismo. Se credessimo nella reincarnazione, non avremmo dubbi: in una vita precedente sono stati due amanti disperati, alla Romeo e Giulietta, di quelli che si amavano alla follia ma destinati alla sofferenza. Questa vita gli ha regalato ciò che a loro era stato tolto: l’unità. Grazie all’amore più duraturo che possa esistere, quello che c’è fra madre e figlio. A sentire la loro storia viene in mente il titolo di un libro di D.H. Lawrence, Figli e amanti.

Noi li abbiamo messi uno accanto all’altro e nessuno dei due si è smentito: Mary ha parlato tantissimo, Ben a tratti, condensando il suo pensiero in poche e selezionate parole. Mary, addirittura, è partita senza nemmeno aspettare la prima domanda. Così: «Volevo avere una famiglia numerosa, io e mio marito Henry ci provavamo, ma niente, così abbiamo adottato la ragazzina più bella che si potesse desiderare, Lisa. Aveva imparato a camminare da poco quando una notte, alle 3.30, mi disse che voleva un fratellino. Le risposi che non era possibile, che lei veniva dal mio cuore, ma la mia pancia non funzionava. Allora si è alzata e con le mani ai fianchi ha detto: “Dio mi ama e se voglio un fratellino lo avrò”. Noi avevamo appena venduto la casa, stavo organizzando il trasloco dal Texas al Tennessee. Ma non mi sentivo bene. Credevo che la causa fosse lo stress, così sostenevano anche i medici. Pensa che il mio piatto preferito sono i gamberetti, in qualsiasi modo siano cucinati, e una sera Henry me li preparò per cena, ma solo l’odore mi diede allo stomaco. C’era pure mia madre, che disse: “Sei incinta”. E il giorno del mio compleanno, il 19 dicembre, ho scoperto che era vero». Ben guarda a terra e accenna un sorriso.

Qual è stato il tuo primo pensiero quando l’hai visto?

«Non riuscivo a capacitarmi che un bambino potesse essere tanto bello. Alla sua nascita qualcosa in me è cambiato. Però me l’hanno preso subito dalle mani dicendomi che respirava male, che il suo cuore batteva troppo rapidamente. Era nato alle tre di pomeriggio, e alle sette non avevo ancora avuto notizie. Ho chiesto di vederlo, mi hanno risposto di no. Mi sono alzata dal letto, seduta su una sedia a rotelle e ho urlato: “Trovate la caposala e chiamate la Polizia, sto andando da mio figlio e non riuscirete a fermarmi”. Alla fine l’ho portato con me in camera. Non ero mai stata così determinata in vita mia, è stato lì che ho capito che madre dovevo essere. Penso sia dura per Ben e Lisa avere una madre così sanguigna, ma tant’è».

Ben, qual è il primo ricordo che hai di lei?

«Non mi ricordo molto della mia infanzia, giusto la casa e la vita quotidiana».

Com’era Ben da piccolo?

Mary: «Davvero un bambino buono. Non era di quelli che piagnucolava, era felice e pazzo di sua sorella maggiore, andavano molto d’accordo. Dio mi ha dato due figli splendidi. Il rapporto fra loro è sempre stato molto stretto».

Ben: «Siamo molto uniti, anche se lei vive in California. Siamo cresciuti insieme e, quando
i nostri genitori si sono separati, lei ha aiutato mia madre a tirarmi su e mi è stata vicina. A quei tempi non avevamo neanche molti soldi. Lei ne metteva da parte più di me, io spendevo tutto per le gare. Credo che abbia pagato metà della mia prima auto».

M: «Ai miei figli ho chiesto tre cose. Primo: non litigare tra di loro, perché la famiglia è tutto quello che abbiamo e non dobbiamo separarci. Secondo: mai mentirmi. Se dico loro di fare qualcosa e non gli va basta che mi dicano “voglio fare diversamente”».

B: «Infatti il miglior consiglio che mi abbia mai dato è stato: fai ciò che ti senti di fare, anche se io sono contraria».

Terzo?

M: «Non fatemi richieste strane, niente tatuaggi o piercing. Ma mi hanno disobbedito tutti e due».

B: «Però uno dei tatuaggi è proprio un omaggio alla mia famiglia, al legame che ci unisce. Ci sono le iniziali di mia madre, dei nonni e di mio padre. Le persone che mi hanno permesso di essere qui».

È difficile seguire Ben in giro per il mondo? Sa, è normale vederlo fare a un manager, a un padre, ma non a una madre…

M: «È una cosa che non capisco. Se portassi i pantaloni sarebbe diverso? Nell’ambiente motociclistico gli uomini, con le donne, devono avere qualche problema».

Credi che prima o poi Ben ce la farà a vincere il titolo in MotoGP?

M: «Per me la cosa più importante è che abbia raccolto la sfida».

Ben, tu cosa dici?

B: «Tutto quello che posso fare è dare il massimo. Ci proverò con tutte le mie forze».

Come mai stai trovando così tante difficoltà quest’anno?

«In Qatar ho avuto una partenza difficile, a Jerez sono caduto a due giri dalla fine, in Portogallo
la moto non andava come doveva per un problema meccanico. E a Le Mans sono stato prudente: non mi piace come pista e volevo prendere punti perché arrivavo da due gare dove non avevo raccolto niente in classifica. Comunque la stagione è lunga e i conti si fanno alla fine».

Se avessi avuto una Honda?

«Sono in Yamaha e non ci penso. Tutti i miei sforzi sono finalizzati a fare del mio meglio qui e ora. Sarà dura ma riusciremo a capire come sviluppare la moto per vincere. Il resto non mi interessa».

In che cosa non vi assomigliate?

M: «La sua energia e il suo talento sono perfetti quando è in moto. Giù dalla moto quell’energia non ce l’ha, al contrario di me. Anche se a casa sono pigra, ciondolo in giro, faccio giardinaggio, sto coi cani o cammino per il quartiere a parlare con i vicini. Chi è abituato a vedermi qui non mi riconoscerebbe».

Ma non vivete insieme a Como?

M: «No, io non ho mai vissuto a Como, ci sono stata cinque o sei settimane all’inizio per trovare
la casa e i mobili, comprare piatti, bicchieri, lenzuola e asciugamani. Poi me ne sono andata. Ogni tanto ci vado, ma non ci vivo».

È dura la lontananza?

M: «Io abito fra Dallas e Longview, un’altra città del Texas. E anche quando lui viene in America non riusciamo a vederci tanto. Non gli mando neanche troppi sms, anche perché mi risponde sempre in modo conciso: “Sì, no, forse”. Va bene così, se ami qualcuno devi essere pronta a lasciargli vivere la sua vita, anche se lontano».

B: «Comunque passiamo molto tempo insieme quando viaggiamo. Quindi ogni tanto ci fa bene stare lontani. Diciamo che ci vuole un giusto equilibrio».

M: «Ecco perché l’altro giorno, quando ti ho detto che mi mancavi tantissimo, hai risposto “lo so!”. Non hai mica detto “anche tu”! Bambino cattivo».

Siete gelosi uno dell’altra?

M: «Come si fa a essere gelosi di qualcuno che ama la sua famiglia e i suoi amici e ha dovuto lasciarli perché la sua vita è sulle piste? Ha dedicato tutta la sua gioventù alle gare. Come si fa a essere gelosi di qualcuno che si è sacrificato così tanto e si è rotto le ossa, alzandosi alle quattro di mattina, per guidare la moto sei ore?».

B: «No, ciò che fa sono affari suoi».

Mary, anni fa ti sei separata dal padre di Ben. Però il tuo nuovo compagno è stato l’uomo che ha trasmesso la passione delle moto a tuo figlio. Dalla sofferenza è nato qualcosa di buono, no?

M: «Sì, assolutamente. Il divorzio è stato duro per tutti noi, ma c’è sempre stato affetto con Henry. Sono legatissima anche alla sua nuova famiglia».

Classica domanda da fare a una mamma: hai paura mentre Ben è in gara?

M: «Preferisco vederla quando è passata, la domenica sera o il lunedì. Ecco, quando la riguardo in Tv o sul computer, riesco a godermela. Ma in diretta non è così divertente».

Si dice che sei molto protettiva nei suoi confronti, soprattutto nel paddock. È vero?

M: «No! E la cosa divertente è che ci conosciamo così bene che quando siamo insieme non abbiamo neanche bisogno di parlare. Basta uno sguardo.
È più corretto dire che mi assicuro che la squadra, lo staff, i giornalisti sappiano che siamo sulla stessa lunghezza d’onda. Mi assicuro che abbia il tempo di riposarsi, allenarsi, mangiare, di fare quello che ha voglia fare».

Il grande nemico di Ben è stato un pilota ai tempi della Superbike americana.

M: «Mat Mladin. È uno stronzo, e non cambierà mai. Se Dio ha mai commesso un errore, quell’errore è stato Mat Mladin. Forte come opinione, eh?».

Qual è il momento migliore che avete vissuto insieme?

M: «Quando ha vinto il primo campionato americano. Ci teneva così tanto».

B: «Ho vissuto a casa fino a 18 anni, ci sono stati momenti belli e brutti, le classiche litigate, ma
non mi viene in mente un momento in particolare. Eravamo madre e figlio. E lei era una madre single che doveva crescere due figli, quindi abbiamo avuto un rapporto speciale. È sempre stato bello: puoi chiamarmi figlio di mamma, invece che figlio di papà».

E il momento peggiore?

M: «L’incidente a Daytona. Non ci voglio tornare, non riesco neanche a parlarne».

Vi dite spesso «ti voglio bene»?

M: «Sempre! Qualche volta ce lo diciamo addirittura contemporaneamente».

Ti ha mai mentito?

M: «Non lo so. So che ci sono stati momenti in cui ce l’aveva con me, il divorzio gli ha fatto molto male. A cinque anni, quando seppe che non avrei più tenuto il cognome Spies, si arrabbiò da morire, pianse molto e mi disse che dovevo tenerlo o non saremmo più stati una famiglia. Così ho tenuto il cognome. Per lui, solo per lui».

B: «Qualche volta le ho mentito. Ma più che bugie sono state omissioni, cose che ho tenuto per me».

M: «Fra di noi non ci sono stati mai problemi che durassero più di un giorno».

B: «Mi ricordo ancora la canzone che mi cantava prima di addormentarmi. S’intitolava Ali d’angelo».

M: «L’avevo inventata io».

Mary, cosa speri per il futuro di Ben?

M: «Che continui ad avere persone meravigliose intorno a sé».

E tu Ben, per lei?

«Che sia felice e che, a un certo punto, non debba più preoccuparsi di me e possa essere solo una moglie. Però l’ha appena detta lei una bugia: perché vorrebbe che mi trovassi una donna e mettessi su famiglia, così potrebbe occuparsi di un nipotino. Per lei è giunta l’ora che io abbia una relazione seria».

M: «Già. Spero che Ben trovi qualcuno che sappia godersi la vita».

Come te.

M: «Già, proprio come me!».

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