Vibrazioni Art Design, i Daft Punk delle special

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Se dovessi fantasticare sul luogo dove avvenne il Big Bang, o la Creazione per i più credenti, me lo immaginerei proprio qui, a Massa Lombarda, nel ravennate, nell’officina di Vibrazioni Art Design. Un continuo sfavillio scandito da schiocchi improvvisi, suoni di martellate su lamiera intervallati da momenti di silenzio assordante. Pause meditative, momenti di creatività che prendono forma grazie a una scintilla d’intuizione. La stessa che fuoriesce dal saldatore maneggiato con tale maestria. Ebbene sì, sono di fronte alla realizzazione di un’idea di Alberto Dalsasso e Riccardo Zanobini. Entrambi indossano una maschera da saldatura, ma il loro entusiasmo è coinvolgente, vedere il volto a conferma delle loro emozioni è quasi superfluo. Sono osservatore, forse attivo, di un processo creativo intenso, un flusso che mi trascina facendomi vivere la magia della materia che si trasforma in qualcos’altro. Un’idea che plasma la realtà e che a sua volta plasma l’idea originaria…

Ragazzi, come avete iniziato a fare queste magie? (Domando mentre tutti e tre non distogliamo lo sguardo dall’ipnotica operazione di saldatura).
Riccardo: «Entrambi abbiamo frequentato l’istituto d’arte per la ceramica, uno a Faenza, l’altro a Firenze, ma ci siamo finalmente conosciuti all’ISIA, l’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche, sempre a Faenza. Lì abbiamo intrapreso due percorsi distinti, Alberto più legato al prodotto reale, mentre io più su regia, video e comunicazione. Una volta usciti dall’università abbiamo intrapreso due strade diverse. Lui ha continuato a specializzarsi nel campo ceramico e dei materiali, mentre io ho ho lavorato con agenzie importanti dell’ambiente video. Le nostre vite sembravano allontanarsi, ma cinque anni fa ci siamo incontrati nuovamente per la realizzazione di un video. Da quel momento siamo diventati soci. Ci siamo divisi i compiti e abbiamo deciso che Alberto avrebbe seguito la produzione e lo sviluppo dei materiali, mentre io avrei seguito gli altri aspetti importanti».

Gestite tutto da soli?
«Prima sì, ma da quest’anno sono entrati due nuovi soci finanziatori. Questo ci ha permesso di fare il salto di qualità. Sai, eravamo in una sorta di limbo tra piccoli e grandi, una via di mezzo che non ci premiava. Grazie a questa nuova linfa siamo passati da un’officina di duecento metri quadrati ad una di ben duemila. Una bella differenza! Inoltre abbiamo aggiunto nuove persone in produzione e nella parte amministrativa. Sarebbe stato difficile, dopo questa crescita, gestire tutto da soli. Ti potrei però raccontare per ore aneddoti di quando non ci conosceva quasi nessuno e l’unico modo che avevamo di attirare l’attenzione delle persone importanti erano gli appostamenti…».

Veramente?
«Sì, tutto vero! Ti racconto un appostamento: una volta abbiamo aspettato per tre ore il proprietario di un’azienda d’arredamento fuori da una festa del Salone del Mobile, festa alla quale non eravamo invitati – ridono – ci ha liquidati in venti secondi d’orologio, ma grazie a quell’incontro siamo riusciti, nei sei mesi successivi, ad espandere la nostra rete di vendita. Una bella fortuna!».

Come siete giunti nel mondo delle moto?
«Ovviamente per passione. Arriviamo dal mondo dell’arredamento, come vedi qui, non siamo circondati da sole moto, ma il bello è che siamo giunti a tutto questo grazie a un lavoro di sperimentazione di Alberto. Un giorno si imbattè in questo materiale – indica la lamiera di un bidone di recupero – e da lì nacque la prima sedia. La materia prima dalla quale nasce tutto sono i materiali di recupero e, nello specifico, i barili di lamiera utilizzati in diversi settori dell’industria. La combinazione cromatica tra i colori sgargianti e l’erosione dei materiali, dovuta all’esposizione agli agenti atmosferici è diventata il nostro simbolo. Dopo qualche tempo e tanta pratica abbiamo provato a spostare il nostro sapere sulle moto e il risultato finale non ci sembrò affatto male. Sai la cosa buffa? Che per i motociclisti facciamo arredamento, mentre per il mondo dell’arredamento facciamo moto».

Siete a metà tra i due mondi, ma forse è proprio questa la vostra forza, non trovate?
Alberto: «Vero. A noi piace pensare di andare sempre un po’ a ruota libera facendo ciò che ci piace e questo ci pone un po’ al di fuori del coro. Proprio per questo non siamo troppo legati a certe idee restrittive di un ambiente o dell’altro e siamo liberi di esprimerci liberamente. Il mondo del design ci ha soprannominati i Daft Punk dell’arredamento, sinceramente ci piace, rispecchia la cultura anni Ottanta e Novanta da cui nasciamo, libera da schemi».

Come sviluppate una moto per un cliente?
«Siamo fortunati. Il novanta per cento dei nostri clienti ci lascia carta bianca oppure ci dà qualche indicazione di massima, secondo i loro gusti. Il bello è che facciamo una lunga chiacchierata con il cliente, proviamo a conoscerne l’indole, le passioni e cerchiamo, attraverso la nostra ispirazione, di trasmettere lo stesso spirito all’interno dei materiali. Ci piace pensare che i nostri prodotti, così come la materia e le persone, possiedano un’anima e una personalità unica».

Raccontami di più…
«C’è chi costruisce le special attingendo a piene mani dai cataloghi aftermarket. A noi piace costruire artigianalmente i componenti da zero, alla vecchia maniera, tagliando con il  flessibile, saldando e martellando. Il risultato di queste azioni eseguite in piena armonia tra cuore, corpo e mente sono pezzi unici che ti lasciano dentro un segno».

Un avvenimento inaspettato che vi ha sorpresi positivamente?
Riccardo: «Un giorno abbiamo incontrato un partecipante della Sultans of Sprint, non ci conosceva, ma ricordava di aver visto le nostre moto a Biarritz, nel 2013. Ci ha emozionati soprattutto quando ha detto: “Le vostre moto hanno uno stile ben definito, si riconoscono a colpo d’occhio”. Credo sia uno dei complimenti più belli che si possano ricevere».

Idee per una futura moto?
«Abbiamo in mente qualcosa di particolare, sempre partendo da materia  prima riciclata, come da nostra tradizione, ma questa volta abbinata a tecnologia futuristica… non farmi dire di più!».

Altre novità che puoi svelare?
«Abbiamo un progetto molto stimolante tra le mani. A breve apriremo un locale  dove cureremo tutto: dagli aspetti relativi al brand, a quelli del design e della gestione. Vogliamo dare una nostra impronta. Avremo con noi lo chef Alessandro Dembech e il locale sarà uno di quei posti dove i clienti potranno mangiare bene spendendo il giusto. L’atmosfera sarà informale e rilassata, in chiaro stile speakeasy, cioè ispirata al periodo del proibizionismo, che a noi piace anche definire industrial chic».

Jameson vi ha individuati come testimonial, secondo voi perché?
«Secondo noi perché ci accomuna l’artigianalità dei prodotti che creiamo. Trasformiamo o uniamo materiali seguendo la nostra creatività. Sono aspetti importanti, ovviamente in situazioni diverse, ma che crediamo ci rendano simili».

All’improvviso il saldatore smette di produrre il suo incantevole e magnetico bagliore. Piccola pausa di riflessione, solleviamo le maschere e inclinandoci guardiamo da diverse prospettive la nuova creazione. Riccardo: «Ecco qualcosa che forse non ti aspettavi… di fronte a te una novità che riguarda il mondo delle quattro ruote».

Foto di Callo Albanese

 

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