Organizzati, riservati, consapevoli del loro ruolo nella società, i giapponesi vivono le loro passioni, lontano da occhi indiscreti. Anche la moto, e il tuning, sono una valvola di decompressione; un mezzo attraverso il quale sfogare il desiderio di sottomettere per il puro piacere personale. Ecco il Giappone che non conoscete

Yonezawa Takuya, titolare di Bull Original (custom Harley e abbigliamento), è in sella a una special su base (telaio e motore) Harley W/WL 1200, anni 30, con forcella Springer e serbatoio di una WLH 1340.
Il Giappone, si sa, è un paese complesso, dove milioni di persone vivono in un’estrema armonia apparente, e la cultura tradizionale coesiste in perfetta simbiosi con il frenetico progresso tecnologico.
Dal nome del Giappone, Nihon, che deriva dal cinese Jih Pen Kuo, il Paese dell’origine del Sole, possiamo già intuire qualcosa di questa nazione, che ha nel suo Dna l’attitudine a sorprendere e a primeggiare. Per la maggior parte dei giapponesi, infatti, la perfezione è un obiettivo, uno stile di vita. E la competizione è all’ordine del giorno.
Giappone underground
Ciò che si cela, però, dietro le esistenze di milioni di colletti bianchi (definiti, in gergo, salaryman) è una serie di compartimenti stagni e di storie che non si vogliono ascoltare o, semplicemente, che non si vedono a occhio nudo. Ambienti che lo stereotipo di candida integrità preferisce mantenere nell’anonimato, ma che fanno parte integrante di questo paese.
All’origine del Sole, e quindi della luce, c’è anche l’ombra; la porzione della vita che, per qualche motivo, resta discreta, non esposta, relegata nella riservatezza sotterranea. Il Giappone si è strutturato concentrando una moltitudine di persone in spazi ristretti; ha metropoli caratterizzate da skyline vertiginose che si declinano, però, quasi per pari altezza, nel sottosuolo. È qui che regna lo spirito underground nipponico.
Niente eccessi, siamo giapponesi
La moto ha spesso fatto parte di questo mondo, con un’impronta più rétro, o bizzarra, forse. Una nicchia, quella non uniformata, l’ha sempre considerata uno strumento con cui poter esprimere anche senza mostrare.
È la peculiarità di questo popolo: la compostezza e la capacità di contenere anche i sentimenti di antipatia e ribellione nei confronti del sistema; la capacità di scioperare senza creare disagi, la possibilità di esprimersi liberamente senza imposizioni né turbamenti. L’appagamento e la soddisfazione personale si manifestano anche senza propaganda. Una sorta di autoerotismo praticato in un ambiente circoscritto, lontano da occhi indiscreti, ma che permette di raggiungere il puro godimento.

Takuya conversa con Tomoya Nishikori, di Mr. Brothers Cut Club (catena di barbieri), al volante di una Ford Model B del 1932.
E poi la moto
Non ci sono solo supersportive, cruiser, chopper, café racer d’altri tempi, ma anche scooter e motorini. Tutte hanno un unico comun denominatore: libera espressione della personalità che, sulla terra emersa, spesso, è sottomessa ai ritmi main stream. Non a caso, dal Giappone giungono storie di vite parallele, di estremismi che spesso sfociano nel maniacale; perché di questo si tratta: una morbosa devozione nei confronti di ciò che si sceglie come propria unica passione, strumento di evasione e, forse, il solo modo di mantenere in vita la personalità.
Sovente, dove nascono le personalizzazioni, il tempo scorre più lentamente. Un ambiente ricercato sotto ogni punto di vista. D’altronde è usanza della penisola nipponica comunicare con tutti i sensi a disposizione. Ecco perché, in una sala da tè (chashitsu), tutto è studiato per amplificare l’esperienza della cerimonia; anche perché una pietanza è servita per l’appagamento prima degli occhi che del palato. Nei garage dove prende forma una moto e risiede la passione, tutto richiama lo stile del preparatore, che si racconta con ogni oggetto o attrezzo che vi si possa trovare.
Il Giappone parallelo
Siamo in una sorta di dimensione parallela in cui, seppur attraverso una rigorosa selezione all’ingresso, si può accedere agevolmente, una volta capite le chiavi di lettura. Il passe-partout è l’affinità, o una discreta forma di curiosità nei confronti di quello che si trova dietro al conformismo.
A volte questo popolo potrebbe quasi definirsi xenofobo, e abile stratega, che lascia volontariamente aperte alcune porte per far sì che gli altri possano ammirare ciò che ha accettato di condividere, distraendo il visitatore da quello che, invece, non vuole che sia contaminato, mantenendo così intatta quella che si potrebbe definire l’aura nipponica.
Forse anche da questo aspetto si potrebbero scorgere alcune somiglianze con le radici storiche, che in verità sono ancora ben salde nella società odierna: il popolo dei samurai, regno imperiale di stirpe millenaria, dei ninja e delle arti marziali. Un popolo di combattenti, ma non di attaccanti, dove dominante è ancora la figura dell’uomo.
La donna solo negli ultimi decenni ha guadagnato un ruolo più influente; per molto tempo ha vissuto all’ombra dell’uomo e non compariva mai se non in ruoli d’intrattenimento e compagnia. Ancora oggi, la gestione della casa e della famiglia è affidata alle donne; l’uomo deve lavorare e occuparsi del loro mantenimento, ma fortunatamente non più con l’imposizione maschilista di un tempo. Nel Giappone moderno la moglie è anche la tesoriera, la persona alla quale sono affidati i beni di famiglia e a cui è necessario chiedere l’autorizzazione per poterne disporre.
Tuning, una questione da uomini
La motocicletta è tra quelle cose ancora totalmente alla mercé dell’uomo, senza freni né limitazioni, quindi priva di filtri; una questione ancora intima e privata, un a tu per tu tra uomo e mezzo. La personalizzazione della propria moto, quindi, non è più un vezzo, ma un vero e proprio must. Comunicare con il tuning, massivo o appena accennato che sia, è fondamentale.

Il fenomeno delle custom in Giappone ha anticipato quello europeo. Inizialmente solo motociclette made in Japan degli anni 80, poi le special su base Harley-Davidson e Bmw. I preparatori di successo, come Shinya Kimura, si sono trasferiti negli Stati Uniti
In un certo senso è anche un modo per sopperire a quel desiderio di sottomettere e controllare tanto caro alle generazioni passate, ma che in qualche modo è stato tramandato sino a oggi; un comportamento animale che è stato addomesticato, ma che in qualche modo deve trovare sfogo. La moto, quindi, è spesso la valvola di decompressione, quel mezzo su cui è possibile sfogare l’inconfessabile desiderio di sottomettere avendo come fine il solo piacere personale.
Quella passione per gli occidentali
Ma dietro tutto ciò c’è il senso innato del rispetto, che non permette ai giapponesi, almeno di prima intenzione, di creare disagi ad altri, ma che si esprime negli spazi che gli sono stati assegnati e cerca di sfruttarli al meglio.
Eccellenti inventori e artigiani, i giapponesi ancor meglio si esprimono come perfezionatori; hanno la capacità di acquisire un’idea, un concetto, uno stile o un prodotto e renderlo migliore, trasformandolo, stravolgendolo, o semplicemente rivisitandolo, donandogli una luce nuova. Guardate che cosa sono riusciti a fare con il whisky, da sempre considerato un prodotto inimitabile. Con passione e dedizione, l’obiettivo di spodestare gli occidentali dal trono dei grandi è riuscito, con il beneplacito della critica mondiale.

Il successo di Bull Original (mc-bull.com), lo shop di Yokohama creato da Yonezawa Takuya, è dovuto in gran parte all’ampia selezione di articoli d’abbigliamento proposti: pantaloni da lavoro old style, magliette, camicie, cappelli, portafogli di pelle (coccodrillo, daino) ciondoli e anelli macho da biker Usa.
È successo lo stesso anche con lo stile. Affascinati dalle mode occidentali, i giapponesi da sempre importano usi e costumi stranieri. È vero, a volte li mescolano senza senso, ottenendo pessimi risultati; ma molte altre volte sono in grado di creare autentiche tendenze.
La chiave di volta sta, forse, proprio qui: nell’aver capito che la longevità delle cose (e, forse, anche quelle delle persone, visto che stiamo parlando del Paese in cui si vive più a lungo al mondo) dipende dall’obiettivo che ci si pone. In Giappone questo non è arrivare e restare in vetta per il più lungo tempo possibile.
Il regno dell’ordine
Piuttosto si vuole trovare un’altitudine e una velocità di crociera confortevoli, anche senza mai raggiungere il punto più alto. È così che, automaticamente, in Giappone si genera una sorta di classifica che ordina i ruoli, le attività e le gerarchie, grazie a un processo di auto-attribuzione delle posizioni, in grado di collocare ciascuno naturalmente all’interno della società, riducendo al minimo i rischi della competizione esasperata che a volte può diventare dannosa.
Paradossi, ossimori, contraddizioni, contrasti, in un ambiente all’apparenza in equilibrio, sono certo possibili. E, a giudicare dai risultati raggiunti, sembra anche che possano coesistere benissimo. Il claim di una nota azienda diceva: “Il lato oscuro del Giappone”; e ciò dimostra che c’è ancora molto da scoprire fra le tante pieghe di questo affascinante paese.
Fabian Osamu Narizuka; Akihiro Furuya

Affascinati dalle mode e dallo stile occidentali, i giapponesi riescono, talvolta, a farli propri trasformandoli con garbo. Nelle immagini, gli interni e gli oggetti rétro della bottega del barbiere trendy Mr. Brothers Cut Club.