Ricco e aristocratico, a battute di caccia e nobili salotti preferiva i motori. Per questo la gioventù di Lord Hesketh fu piuttosto movimentata. La bicilindrica uscì nel 1980, sei anni dopo il debutto della Hesketh in Formula 1 con James Hunt
di Franco Daudo
Thomas Alexander Fermor-Hesketh. Un nome decisamente fuori dal comune. Se poi aggiungiamo che Alexander, quando il giovane padre passò a miglior vita, ereditò il titolo di Lord a soli quattro anni e anziché vivere nella bambagia preferì girare il mondo guadagnandosi il pane fino alla maggiore età, è facile immaginare un personaggio quantomeno originale.
Nel periodo in cui vendeva auto usate Lord Hesketh fece amicizia con Anthony Bubbles Horley, che lo introdusse nel mondo delle corse e gli presentò James Hunt, promettente pilota in pista e spregiudicato playboy fuori. Affascinato dall’ambiente, il ventiduenne Lord decise di impegnare una parte della sua immensa fortuna per fondare un team con i suoi amici, portando nei box una classe e un lusso sconosciuti, con tanto di elicottero, Rolls-Royce e bottiglie di champagne sempre al fresco pronte a riempire i calici di avvenenti ragazze e di Bubbles Horley, cui il soprannome calzava a pennello… Ma non era solo fumo.
Britannica esclusiva – Arrivato in Formula 1 nel 1974, il Team Hesketh dimostrò di saperci fare: Hunt salì spesso sul podio e l’anno dopo vinse il GP d’Olanda con la monoposto progettata da Harvey Postlethwaite, un ingegnere con la passione per le due ruote. Furono lui e “Bollicine” a convincere Lord Hesketh a ridare vita alla decaduta industria motociclistica britannica. La nuova moto doveva avere un motore bicilindrico a V, come Vincent e Brough Superior, e come queste essere destinata a pochi facoltosi clienti, una sorta di Aston Martin a due ruote. Al progetto contribuirono alcuni tra i migliori tecnici inglesi dell’epoca come Ron Valentine, che progettò il poderoso bialbero a V di 90° con quattro valvole per cilindro, roba mai vista fino ad allora su una moto inglese di serie; John Mockett, che dopo aver lavorato per la Yamaha si occupò dello stile e naturalmente Postlethwaite, che disegnò il telaio in tubi Reynolds 531 impreziositi dalla nichelatura. Per i componenti si scelsero freni Brembo, forcella Marzocchi e ruote Astralite, il meglio disponibile all’epoca.
Epilogo triste – Come andò a finire? Male, purtroppo. Nel 1980 a togliere il velo alla Hesketh V1000 c’era perfino il leggendario Mike Hailwood, ma questo non bastò a nasconderne i difetti che la stampa inglese rivelò senza pietà. La V1000 era piuttosto pesante e afflitta da alcune gravi carenze tecniche che ne offuscarono l’indubbio appeal. Questo, in un periodo sfavorevole alla vendita di moto di tale lignaggio, costrinse l’azienda a una prematura resa. Nel 1982, dopo solo 139 esemplari assemblati e aver accumulato una barcata di debiti, la Hesketh chiuse i battenti. Li riaprì caparbiamente per produrre altre 18 Vampire, versione totalmente carenata della V1000, ma il sogno di Lord Alexander era arrivato al capolinea…