Dalla Formula 1 alle custom di tendenza, passando attraverso una delle bicilindriche sportive più originali e interessanti della sua epoca

Articolo di Matteo Scarsi


gli inizi 

È curioso come per molti versi l’evoluzione motoristica in Oceania presenti caratteristiche simili a quella animale: sarà la distanza dal resto delle terre emerse, la libertà di un approccio non condizionato da elementi facilmente reperibili… fatto sta che diversi progetti nati ai nostri antipodi possono vantare un grado di innovazione e originalità non comune.

La Humwick Hallam X1R rientra a pieno titolo in questo gruppo, forte di una progettazione e realizzazione quasi cento per cento australiane, una vera rarità in un Paese pressoché privo di case costruttrici a due ruote. Nata dalla collaborazione tra due personalità (teoricamente) complementari, un imprenditore e un ingegnere: Rod Hunwick e Paul Hallam, il primo creatore di una profittevole rete di concessionarie auto-moto e il secondo figlio d’arte di Frank Hallam, il capo ingegnere che ha diretto con successo la Repco Brabham i cui motori si erano aggiudicati due Campionati del Mondo Formula 1. Dal loro incontro scaturì l’idea di dar vita a una serie di moto completamente nuova, con motore e struttura creata da zero: la gamma sarebbe stata composta da una cruiser muscolosa da 1350 cc (la Boss), una superbike da 1000 cc (la X1R) e una naked sportiva a metà strada da circa 1100 cc (la Rage).

Cuore delle Humwick era un bicilindrico a V di 90 gradi in stile ducati, con distribuzione a doppio albero a camme in testa con cinghia, camera di combustione separata da testa e blocco, camera di scoppio concepita per velocizzare i flussi e il fronte fiamma, smorzatore torsionale e cilindri alettati per non necessitare di radiatore dell’olio. I valori ottenuti erano di prim’ordine, con ben 145 cavalli disponibili in un periodo in cui la 916 non raggiungeva i 125. Il propulsore fungeva anche da telaio, sulla falsariga di quanto avrebbe fatto Ducati diversi anni dopo, con l’avantreno fissato direttamente a una struttura vincolata al cilindro anteriore e il forcellone infulcrato nella scatola del cambio (estraibile). L’ammortizzatore posteriore era situato a fianco del cilindro anteriore e operava mediante un lungo leveraggio connesso al forcellone, mentre l’avantreno presentava una più classica forcella a steli rovesciati. 

il meglio della tecnologia anni Novanta

La X1R incorporava quanto di meglio la tecnologia di fine anni Novanta potesse garantire spingendola verso territori inesplorati: era l’incarnazione della mentalità di Hallam, tutta rivolta alla prestazione e alla ricerca. Anche la veste aerodinamica era decisamente inconsueta con un voluminoso avantreno protruso quasi oltre la ruota interiore e dotato di tre grandi aperture: la centrale ad alimentare il radiatore posto davanti alle forcelle, le due laterali a far respirare il bicilindrico. La parte superiore della carenatura si configurava come un sinuoso monoscocca che terminava in un codino arrotondato sotto cui era posizionato il lungo silenziatore. La parte centrale era lasciata scoperta a evidenziare la cura delle lavorazioni – collettori di scarico e distribuzione a vista sulla sinistra e cinematismi della sospensione a destra – mentre una vasca proteggeva la parte inferiore. 

L’assemblaggio del primo esemplare, (denominato Phase One) fu completato all’ultimo minuto nel paddock di Philip Island per la gara della Superbike del 1997: non per partecipare ma per fare qualche giro di pista con Malcolm Campbell ai comandi per guadagnarsi un po’ di visibilità. Grazie a delle deroghe (non esisteva una controparte di serie in commercio) venne ammessa a partecipare al Campionato Australiano Superbike, dove ebbe modo di togliersi qualche soddisfazione (un secondo posto alla Thunderbikes di Eastern Creek partendo dall’ultima posizione) e suscitando grande curiosità tra addetti ai lavori e spettatori. Lo sviluppo continuò incessante, con la Phase Three ricca di parti in titanio a raggiungere i 175 cavalli di potenza: la Phase Five con valvole pneumatiche era in programma, ma la piccola Casa dovette sospendere il progetto prima di completarla.

Alcune scelte stilistico-filosofiche e determinate caratteristiche meccaniche suggerirono a molti una certa affinità con il concetto motociclistico di John Britten nella sua spasmodica ricerca dell’eccellenza ingegneristica: ciò con cui Hallam dovette però fare i conti fu l’esigenza del socio Humwick di rendere spendibile tutta quella tecnica per una produzione in serie e, dopo anni di promesse e ritardi, le visioni dei due divennero inconciliabili rendendo inevitabile la separazione.

Humwick proseguì nella sua idea creando la Humwick Harrop – dall’unione con una grande azienda di ricambi e componentistica sportiva – ma anche in questo caso non si arrivò mai alla tanto agognata produzione in serie. Dopo il secondo fallimento Humwick decise di tentare una nuova carta dando vita a un nuovo brand, sempre legato alle moto ma da un’altra prospettiva: il suo nuovo socio era Dare Jennings e il nome della compagnia Deus Ex Machina. Ma questa è un’altra storia.

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