LA RICETTA DEL DOTTORE
Claudio Costa è il medico dei piloti: per mezzo secolo li ha seguiti sulle piste di tutto il mondo. Ecco i suoi consigli per curare le fratture del piede
Fin dall’antica Grecia il piede è simbolo di velocità. Ma è anche soggetto a brutte fratture. I nostri eroi piloti non le temono: montano in sella e danno gas.
Gli antichi davano molta importanza al corpo. Si sarebbero ribellati all’arroganza della fede razionalista di cartesiana memoria, dove il Cogito, il Pensare e la Mente erano superiori alla materia corporea, relegata a un ruolo di pesante sudditanza. Una filosofia diabolica nel vero senso della parola, dove dominava il dualismo tra ciò che la mente pensa e le cose materiali a essa soggette.
«Cogito ergo sum» avrebbe fatto sorridere gli antichi, ben certi e consapevoli del contrario. Infatti i nostri saggi antenati, attenti a conoscere il mondo, si erano resi conto che le azioni del corpo, fin dalla nascita, sospinte dalla volontà, dal desiderio, dall’interesse, creavano la tela dell’anima e il tessuto dello spirito della mente.
Sono, mi muovo, agisco, esisto per cui penso. Sapevano che il dubbio dischiude la coscienza, la costringe a formarsi; non è la coscienza che ha dubbi. Corpo e mente uniti assieme dalla volontà del vivere, non feriti dalla dissezione di un dualismo disumano.
Tra filosofia e mitologia
Così pensavano gli antichi e mi piace credere alla loro filosofia. Prediligevano il corpo perché dall’esperienza delle azioni, ben riuscite o meno, avvalendosi della memoria, creavano la conseguente struttura dell’anima e dello stesso spirito.
Memoria, per loro madre delle Muse preposte alla creazione del patrimonio artistico e del bello dell’umanità. Mercurio, dio protettore del crocevia della vita di ciascuno dei mortali, era alato. Le ali le aveva ai piedi ed era venerato come simbolo della velocità. Achille, l’eroe più famoso della Grecia antica, valoroso guerriero sotto le mura della città di Troia, non fu descritto dal poeta Omero, nella celebre opera Iliade, né per l’anima, né per il pensiero, ma lo chiamò Pie’ veloce Achille. Qui sta tutta la verità del corpo e del suo piede veloce e alato.
Piede, il simbolo della velocità
Il piede offre il modo per destreggiarsi nell’inseguire il nemico, sfuggirgli; per rincorrere le prede, per procacciare il cibo a se stessi e alla famiglia. Il piede per correre incontro al mondo e all’ebbrezza della velocità. Velocità, quanto sei sempre stata amata! Velocità, emozione del divino nell’effimero della vita!
Oggi la scienza non riconosce la filosofia, e le fratture del piede vengono curate con procedure indifferenti all’insegnamento della storia antropologica dell’essere umano. La maggior parte di esse, in particolare le scomposte, vengono, con instancabile costanza, operate.
Il piede è costituito da circa 26-28 ossa ben articolate tra loro per permettere un agile e morbido cammino sul terreno, la danza nello spazio e la corsa fino alla maratona. Un prodigio di biomeccanica biologica, fondata su tarso, medio piede e avampiede; lo stupore del passo con cui ci avviciniamo alle cose del mondo.

Kevin Schwantz, vincitore del Mondiale 500 nel 1993, con il dottor Costa che controlla l’avampiede di un giovane pilota.
Curare i piedi
Vorrei confessarvi che, per quello che riguarda lo scheletro dell’avampiede, mai siamo ricorsi, in quarant’anni di Clinica mobile, alla chirurgia. Le fratture delle ossa dell’avampiede, pur talvolta malamente spezzate e scomposte, non hanno impedito ai piloti del motociclismo, e a molti fantini, di tornare subito in sella alla moto e a cavallo, con l’aiuto di semplici bendaggi funzionali e di una terapia antidolorifica.
Wayne Gardner, nel maggio 1988, riportò cinque fratture dei metatarsi dell’avampiede destro, pochi giorni prima della gara mondiale a Imola. Fu il primo pilota a entrare nella nuova Clinica mobile (Clinica3), presentata proprio per quel Gran premio di casa mia. Solo la follia lo aiutò a salire in sella, ma lo sappiamo: talvolta la follia è una forma di rara saggezza.
Alla fine di un’emozionante corsa arrivò secondo dietro uno scatenato Lawson e subito dopo, zoppicando, sorretto dalla sua dolce compagna, si presentò alla Clinica mobile non per farsi curare, ma per regalarmi il cospicuo premio in denaro vinto.
Fratture? Non sempre serve la chirurgia
A proposito delle fratture dei metatarsi, Scott Russel ne riportò ben 11 tra piede destro e sinistro durante le prove della gara mondiale al Paul Ricard, in Francia. L’indomani prese il via. A chi mi chiedeva, elogiandomi, come fosse stato possibile, rispondevo che solo agli dei andava riconosciuto il merito di quell’impresa prodigiosa. L’incredibile è che sia Gardner, sia Russel sono guariti bene, anche a controlli dopo vent’anni.
Max Biaggi, il campione romano amato da tanti tifosi, riportò al Nürburgring una brutta frattura scomposta del primo metatarso del piede. Gli consigliai il trattamento conservativo e Max mantenne fede a questa nostra disposizione, nonostante le critiche di grandi luminari della scienza e dello sport. Dopo tre settimane Max mi chiamò e con entusiasmo mi confessò: «Riesco a correre».
Contento, risposi: «Non avevo dubbi. Sapevo che saresti tornato in sella presto. Sei sempre stato grande con le tue ferite». Con foga replicò: «Claudio, non hai capito, riesco a correre a piedi sui colli di Roma e sono veloce più di prima». Da qui la mia battuta: Max, Pie’ veloce Achille.
Illustrazioni di Gentjana Begu
Articolo di Claudio Marcello Costa
Claudio Costa è il medico dei pilotiNel 1977 ha fondato la Clinica mobile, il primo ospedale viaggiante del motociclismo. Su Riders, ogni mese racconta gli infortuni più comuni dei motociclisti e come affrontarli. Storie di ossa e di uomini, che in pista rischiano tutto per la vittoria.