Elogio del punta-tacco, arte (in estinzione) per uomini veri

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I CALZINI DI SENNA E Il ritorno delle youngtimer, LA DEVOZIONE PER LA MECCANICA e LE SIRENE DELLA MODERNITà. Una TECNICA (QUELLA DEL PUNTA-TACCO) CHE è IL SIMBOLO DI UN MODO DI VIVERE I MOTORI COMPLETAMENTE DIVERSO DA QUELLO DI OGGI

Di Riccardo Casarini

Mocassini marroni, calzette bianche e due piedi che ritmano sulla pedaliera con sensibilità fuori dal comune. Lo strumento suonato non è un pianoforte Steinway&Sons, ma una Honda NSX lanciata “a cannone”, in quel teatro di curve che è Suzuka. Al volante c’è Ayrton Senna (mica Glenn Gould), la cui gestualità alla guida è ripresa da tre telecamere interne all’abitacolo. Ne esce un filmato di mediocre qualità e senza particolari pretese, destinato però alla venerazione, come un totem tra gli amanti della guida. Perché una di quelle videocamere riprende proprio l’azione sui pedali del brasiliano che, oltre a un giro di pista, condensa anche la maestria poetica della tecnica più bella e complessa da praticare: il punta-tacco. Oggi, se si domanda a qualche petrolhead cosa sia il punta-tacco, è facile sentirsi rispondere «Vatti a vedere Senna sulla NSX». Ma non siamo qui per parlare dell’ovvio…

Gli artisti del volante, “dinosauri” destinati a scomparire? Foto: Manuele Cecconi

LA RIVINCITA DELLE GRANNY CAR – Assistiamo da qualche anno a un prepotente ritorno d’affetto per quelle auto che dovremmo, a rigor di modernità, considerare obsolete e superate. Molte youngtimer, ad esempio. Vetture a lungo considerate vendibili al prezzo di un ghiacciolo, son finite per formare un segmento inedito con valutazioni crescenti. Esiste chi vuole ancora quei mezzi, chi vuole controllare il livello dell’olio personalmente senza che alcun sensore si sostituisca a lui, chi vuole sentire riverberate nel volante le vibrazioni trasmesse dalle ruote, fosse anche solo per andare al lavoro percorrendo la tangenziale. Perché spostarsi non è solo questione di “concludere un tragitto” rinchiusi in una bolla. Nostalgici di mezza età? Non sempre, anzi. Spesso il rigurgito tecnologico arriva da una fetta più o meno giovane di persone. Insomma, quando ci si rivolge al mercato automotive chiedendo “semplicemente” del piacere di guida autentico, a meno che non si sia disposti a spendere follie, è quasi d’obbligo guardarsi indietro.

Gli amanti della guida analogica ormai sono costretti a rivolgersi al mercato delle youngtimer. A meno di non avere un portafoglio bello gonfio. Foto: Manuele Cecconi

NON TI RICONOSCO PIÙ – Usiamo quello del punta-tacco come spunto più alto dal quale partire per un ragionamento: quel minimo di feeling meccanico necessario per poter sentire/comprendere le reazioni di un’auto e, quindi, poterla guidare davvero, si è perso? Esiste ancora quella relazione stretta tra uomo e vettura che ha fatto scoccare in molti l’amore per la guida? Oppure qualcosa si è perso, nella brutale riduzione alla dinamica utente/device? Perché oggi noi verifichiamo un fatto, che riassumiamo così: l’individuo è spodestato, in nome di una sempre crescente praticità, da ogni confronto con ciò che si trova a guidare. Attenzioni apparentemente banali, come alzare l’astina dell’olio o dare un’occhiata alla pressione delle gomme prima di partire per le ferie, sono delegate a sensori e bodycomputer. Esaurendo dunque l’utilità di gesti pur semplici e alla portata di tutti, dall’aspetto quasi rituale, capaci però di tenere in vita quella relazione pratica con l’oggetto-auto; quel vincolo che imponeva (pressoché) a chiunque la conoscenza di alcuni principi base.

Non si tratta solo di guidare, ma anche di conoscere la vettura e capire la sua meccanica. Foto: Manuele Cecconi

RAPPORTO UOMO-MACCHINA – Per la guida, vale altrettanto. Quando la comodità sconfina nell’iper-assistenza del conducente, si corre il rischio d’isolarlo dall’esperienza di guida, che è invece la prima qualità che una persona dietro al volante dovrebbe saper padroneggiare… essendo appunto un conducente, non il semplice utente di un servizio autonomo di trasporto. La spinta digitale/tecnologica alla quale assistiamo da vent’anni a questa parte ha pervaso anche il settore dell’auto, portando con sé benefici innegabili legati al comfort e alla sicurezza. Di contro, ha indotto sempre più persone a fare a meno di quella pur minima sensibilità tecnica, sia essa propriamente meccanica o riferita alle condizioni di guida, che è stata a lungo un requisito fondamentale per tenere sotto controllo in primis le regolari condizioni della vettura e, in generale, per saperla gestire e condurre bene. Insomma, vero che nella guida quotidiana non sono certo richieste le doti di Ayrton, ma il confine tra sicurezza, comodità e alienazione è scivoloso. Un aspetto, sotto certi punti di vista, persino controproducente. Pensiamoci…

Un innesto ben fatto, una doppietta come si deve. Basta poco per renderci felici: eppure il rapporto uomo-macchina è sempre meno intimo. Foto: Manuele Cecconi

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