Solo il tempo ci dirà se il nostro sport potrà di nuovo applaudire il folgorante e plurivittorioso Marc Marquez. Intanto comportiamoci bene

di Marco Masetti, foto Mirco Lazzari

 

Questa è una storia triste. Avrei anche storie divertenti da raccontare, ma vedo in giro troppa cattiveria, quindi, anticipando la Befana, vi darò carbone. Perché siete stati bambini cattivi e una punizione, spero, vi farà pensare.

INFAMI SPERANZE – Leggo una cosa: “Caro Marquez, non vedo l’ora che torni, così cadi di nuovo e ti rifai male”. Basterebbe questo scritto, realmente apparso in qualche fogna in rete, per invocare il famoso asteroide che dovrebbe scrivere la parola fine alla razza umana. Quindi tralasciamo volentieri questi casi patologici e cerchiamo di capire cosa sta succedendo. I fatti sono noti: a Jerez Marc Marquez si fa male, si frattura l’omero che viene ricomposto con una placca metallica. Poi ottiene il “fit”, ovvero l’idoneità per correre. Ci prova, ma il suo corpo dice no. Un lungo tentativo di recupero, nuove operazioni chirurgiche e adesso un quadro desolante tra problemi ossei e articolari. Il risultato? Il motociclismo ha perso il pilota più forte in circolazione, quello che da quando è arrivato scrive la storia del nostro sport. Uno che ama lo sport non può che augurarsi che torni alla svelta per schierarsi al via delle gare; tutti, invece, devono pregare che un ragazzo di 27 anni non rimanga invalido.

Capisco che la pietà è morta e che l’incarognimento regni sovrano, ma anche la spasmodica ricerca della notizia o di responsabili inizia a dar fastidio. Parlano tutti, legioni di esperti parlano di chiodi endomidollari e fissatori esterni. Ognuno ha una risposta, una ricetta, una diagnosi, una cura.

COSA SAPPIAMO? – E quindi, cosa sappiamo in realtà di quello che è successo? Abbastanza ma non tutto. La verità, la completezza del quadro ce l’hanno in pochi e, fateci caso, sono quelli che non ne parlano o che, al massimo fanno trapelare qualche “velina”. Nei giorni in cui si discuteva del ritorno di Marc in campionato, c’erano dubbi e discussioni che coinvolgevano il pilota e il suo entourage, i medici che l’avevano operato, l’organizzazione del campionato, la Honda, la Repsol. Tutti soggetti molto pesanti e potenti, certamente più informati del sottoscritto che, chiedendo lumi ad un medico, si limitò a dire in telecronaca che esisteva la possibilità che si evidenziassero problemi degenerativi dell’articolazione.

Ma a posto così: io non opero, ne so ben poco di ossa se non che si possono rompere, come ho imparato a mie spese.
Certo, tendo a saperne di più, a scavare e a informarmi, ma ho capito che alla verità, cioè al quadro clinico completo di Marquez, non ci posso arrivare. E ipotizzare quando si parla di salute non è una delle mie cose preferite. Penso con terrore al fatto che potremmo vedere fermo per lungo tempo il più folgorante fenomeno di questa era o, addirittura, di sentire pronunciata la parola “fine” alla sua carriera sportiva. A posto così, bisogna aspettare, sembra che sia lo sport mondiale di questo 2020 e quindi aspettiamo. Senza delirare, senza costruire storie prive di fondamento o che di “ciccia” ne hanno ben poca. Raccontiamo i fatti e proviamo a rileggere la carriera di un ragazzino che arrivò al mondiale con una sola idea: vincere. E lo ha fatto.

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