Lo sport può dare una mano, ma anche i media e i governi, aiutando con le emozioni positive che arrivano dalle gare, a sopportare meglio un anno complesso. Ma sarà possibile?

Articolo di Marco Masetti

In sintesi: restauro cose del passato, catalogo ricordi, rivedo momenti. Poi inizio a progettare il futuro, eventi, libri, avventure, sogni da realizzare. Cosa manca? Semplice, il presente. Che non è proprio il massimo, anche se il cane continua a far capriole quando gioca con te e il sole regala tramonti di rara potenza. Anche il bianco friulano è buonissimo, pensate un po’, si sente anche il sentore di corta di pane, come recita l’etichetta… Diciamo che la vita va avanti, nonostante un anno gradevole come una punizione di Branco* che ti colpisce le gonadi mentre sei schierato in barriera. Non c’è bisogno di analizzare nel dettaglio: il 2020 è e resterà nella storia come un anno di letame.

A questo punto parte una riflessione che va un po’ controcorrente, anzi, che va contromano… Cosa possiamo usare al meglio nel presente per far star meglio la gente? La prima cosa che mi viene in mente è una sanità pubblica efficace e poderosa, oppure una classe politica che non faccia scorrere invano sei mesi pensando alla campagna elettorale invece di occuparsi di problemi reali. Non ci vuole Konrad Adenauer per capire queste evidenza, purtroppo l’uomo che rimise in piedi la Germania non ha lasciato imitatori nel nostro Paese, facciamocene una ragione. Però lo sport può aiutare a sopportare un momento complicato. Il calcio, la Formula 1, la MotoGP, la pallavolo, il basket, l’hockey sono una fabbrica di emozioni positive e i media lo strumento per condividerle. Il problema è che non ci sono soldi, perché senza pubblico ne girano di meno e le sponsorizzazioni sono crollate, visto che, restando nel nostro mondo, si corre solo in Europa e chi ha finanziatori, o li cerca al di fuori del Vecchio Continente, si trova in grande difficoltà. Servirebbe una Santa Alleanza tra stati, emittenti, promoter per consentire lo svolgimento e la fruizione degli eventi. «Ma come – sento già le voci – «volete dar dei soldi a miliardari viziati del pallone mentre c’è gente che non arriva a fine mese?». No, nessuno pensa a questo, ma chiariamo il concetto che lo sport professionistico sia fatto di ricconi pieni di tatuaggi. A parte la punta dell’iceberg, si guadagna poco e ci si deve sbattere molto per mettere assieme il budget per correre, e nel dorato mondo della Serie A di calcio molte squadre faticano a pagare gli stipendi. Anche in MotoGP succede lo stesso. 

Lo so che sui siti acchiappa-click si parla di Paperoni & milioni, ma la massa (dei piloti) ha la parola sacrificio al primo posto. I piloti e gli staff devono restare nella bolla, senza se e senza ma, senza cedere a tentazioni, gli stati devono defiscalizzare per un anno buona parte del fatturato del mondo dello sport, mentre promoter e televisioni essere un po’ più elastici in tema di diritti. In cambio, il pubblico avrà qualche emozione positiva in più. Perché la tv, il web o i social non possono essere solo il teatro di esternazioni, urla e rutti da parte di persone che credono che un atteggiamento rispetto a un virus sia confacente alla propria parte politica o ai propri interessi. Spiegatelo al virus, non a me.

 

*Claudio Ibrahim Vaz Leal, ex calciatore brasiliano ora allenatore, difensore della Selezione Brasiliana, campione del mondo nel 1994 con buona parte della carriera spesa in Italia, nel Genoa, soprattutto. Famoso per le sue terrificanti punizioni, una delle quali mandò all’ospedale McLeod, giocatore scozzese, che tentò di respingere di testa il pallone.

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