In sella alle Ducati Multistrada V4 e V4 S: i pregiudizi stanno a zero

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Panigale a manubrio alto? Ma va’, è la moto dei due mondi che unisce i poli opposti, racing e touring, inventando il… viaggio da corsa. La nuova Multistrada V4 arriva sparata come un Frecciarossa e spiazza tutti con doti inaspettate. E i prevenuti, noi in primis, restano senza parole

Articolo di Alberto Cecotti

Una cosa è certa: la vita riserva lezioni a raffica e anche stavolta ce ne ha rifilata una nuova, che vi diremo alla fine di questa prova. Una giornata d’autunno ventiventi con la bella neonata di Ducati: Multistrada V4, fra i colli bolognesi, la mitica Raticosa e tutto quel mondo lì intorno. Ma cosa hanno combinato questa volta a Borgo? Semplicemente (ironico) hanno piazzato il motore stratosferico della superbike Panigale sulla maxi crossover di casa, detta Multistrada, che fino a ieri era motorizzata V2, anzi fino a oggi e anche domani, perché ci assicurano che le bicilindriche continueranno a vivere, giustamente, per i desmo-irriducibili del pompone bolognese (tranne la versione Enduro).

Un’operazione apparentemente poco comprensibile, visto che le ultime generazioni delle grandi enduro stradali sono sempre più mastodontiche, spesso fin troppo, se vogliamo proprio dirla tutta. Logico dunque pensare che mettere un quattro cilindri su una globe trotter a ruota alta – perciò anche un minimo predisposta allo sterrato – suonasse più come forzatura, intesa come strumento d’effetto marketing. Bene, fra poco scopriremo l’infondatezza di questa interpretazione.

Perché i progettisti Ducati, in questo caso, hanno fatto gli artisti: mica si sono limitati a fare un trapianto di motore con il rischio, se non la certezza, di snaturare entrambi i modelli che nascono con ben diversa indole e aspirazione: una è una moto da corsa, l’altra da viaggio. Trovare il punto d’incontro perfetto fra due mondi lontani è stata una sfida a dir poco impegnativa, anzi, proprio azzardata: alla prova dei fatti vinta alla grande, e pure per distacco nei confronti di coloro che l’avevano ritenuta impossibile (sì, ok, anche noi non ci avremmo scommesso molto).

Allora, tutto il progetto è gravitato intorno al prezioso quadricilindrico in versione adattata Granturismo (tre anni di sviluppo) che prevede, tra l’altro, la disattivazione automatica della bancata posteriore dei cilindri. In sostanza, V4 di 90°, 1.158 cc da 170 cavalli a 10.500 giri e coppia massima di 125 Nm a 8.750 giri, motore privo di distribuzione Desmodromica. Inutile dire come la dotazione elettronica sia al top: gestione totale di motore e ciclistica tramite piattaforma inerziale in grado di controllare la trazione, l’impennata, il bloccaggio ruote (con ABS cornering), il dispositivo di assistenza per le ripartenze in salita e molto altro. Quattro riding mode per altrettante ben distinte anime del Granturismo: Urban, Touring, Sport, Enduro.

Motivo di distinzione sono le sospensioni DDS semi attive autoleveling che variano in automatico persino il precarico della sospensione posteriore. Il quadro strumenti è premium: schermo TFT da 5 o 6,5 pollici a seconda della versione, se base o S, che si interfaccia tramite Bluetooth con lo smartphone con l’app Ducati Connect, compatibile con IOS e Android: si accede a rubrica, email, musica e maps, e si gestisce con il joystick al manubrio.

La nuova Multistrada sa colpire con effetti speciali gli impallinati di accessori: Daytime Running Light, Ducati Brake Light, Cruise Control Adattivo (ACC) e il Blind Spot Detection (BSD) con la chicca del sistema radar sia all’avantreno che al retrotreno: roba, quest’ultima, da esclusiva mondiale, per dire.

Ciao traliccio (ma solo qui)

Il V4 è ospitato in un telaio monoscocca d’alluminio abbinato al forcellone bibraccio in grado di accogliere sia la ruota in lega sia a raggi (optional), e già qui preannuncia quella versatilità che non ci si aspetta. Il trasferimento da ipersportiva a touring del blocco motore è passato attraverso un importante adattamento della ciclistica con l’ambizioso obiettivo di migliorare, rispetto alla V2, la maneggevolezza e la facilità di guida, per una perfetta sinergia con il V4. Insomma, prestazioni da prima della classe senza manifestarle con l’aggressività, bensì con l’intelligenza.

Miracolo? Quelli lasciamoli agli illusi, qui c’è della tecnica che prevede gran studio e impegno (tre anni di tempo solo sul motore) che ha portato a scelte e quote ciclistiche vincenti, dove spiccano l’interasse ridotto a 1.567 mm, accoppiata ruote 19”-17” e peso di 215 kg a vuoto. La moto rimane comunque una vera all terrain a sospensioni alte (escursione 170 e 180 mm), pur mantenendo un’altezza sella ragionevole: da 810 mm a 875 a seconda dell’allestimento.

A cavallo della V4 ci si trova meno infossati rispetto alla cugina V2, cioè un po’ più “moto sotto controllo”. Manubrio, dislivelli e comandi precisi per mediare le esigenze di gestione su tutti i fondi e a qualsiasi andatura. Degno di nota il cupolino regolabile in modo intuitivo utilizzando un dito. La protezione è migliorata davvero anche a velocità vietate.

Una volta capite almeno le principali funzioni del cruscotto, settiamo la V4 con un approccio tranquillo (mappa Touring) e percepiamo immediatamente come un motore di estrazione corsaiola possa diventare relativamente dolce pur rimanendo gustosissimo, aspetto apprezzabile anche in ambiti urbani: è ovviamente più fluido del V2 che ai bassi rimane più ruspante – nel senso bello del termine – per uso turistico e risulta più indicata la bontà di erogazione del nuovo Granturismo, anche in termini di comfort inteso come vibrazioni. Ma il bello è che… il bello deve ancora arrivare, perché la sua forza vera arriva dopo, quando c’è da allungare le marce con il quick shift impeccabile, ambito in cui emerge il DNA racing pur rimanendo sempre in area GT spirit. Meglio di così è difficile… anche perché trovare un’evoluzione ciclistica sia nello stretto come nel veloce non è che capiti proprio tutti i giorni. Si mangia i tratti tortuosi di ogni specie o pendenza, dando una tranquillità rara in termini di coerenza di linea al pilota anche sui tratti molto veloci, dove le moto alte talvolta pagano qualcosa in stabilità rispetto alle sportive pure, nonostante la ruota da 19”.

Le sospensioni, nel frattempo, assecondano sempre la guida, anche variando le mappe: a proposito, con la Sport si vive un’esperienza straordinaria, dove il vero DNA del motore fa capolino senza (troppo) morsicare. Idem per l’impianto freni, ovviamente di alto livello ma soprattutto tarato su misura per lo sport touring. Ma dove questa moto ci ha spiazzato più di tutto è stato sullo sterrato, inteso come strada bianca: ci siamo cimentati per un breve tratto con gomme tassellate e abbiamo dovuto smentire un preconcetto nei confronti dei pluricilindrici: questo, così configurato, è più gestibile e divertente del V2, punto.

In definitiva, risulta difficile, difficilissimo trovare delle pecche a questa V4. Ducati propone set di allestimenti Multistrada V4 predefiniti, configurati direttamente in linea di montaggio: Travel, Travel & Radar, Performance e Full.

Un gioiello salato, il giusto per quanto offre: prezzo base 18.990 euro, mentre la succulente S va dai 21.990 euro in su. E poi c’è anche la S Sport, eh! Comunque, per i freddolosi ci sono manopole e sella riscaldabili opzionali. Morale? Va be’, a questo punto la nostra lezione di vita da svelare alla fine, oramai, è come il segreto di Pulcinella: mai essere prevenuti verso un progetto osservandolo solo sulla carta. Si rischiano figure…

Per tutte le immagini e ulteriori specifiche tecniche cliccate qui.

PEP IL COCCIUTO E LA FAVOLA PATON
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