Piero Angela e Alberto Luca Recchi, i poeti della scienza

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Al Teatro La Fenice di Venezia, il divulgatore scientifico Piero Angela e l’esploratore dei mari Alberto Luca Recchi – assieme a Danilo Rea e Pino Strabioli – nello spettacolo I segreti del mare parlano delle caratteristiche e delle fragilità dell’oceano

Articolo e foto di Eleonora Dal Prà

«Il cervello è un pezzetto di universo che guarda indietro e riflette su sé stesso». A dirlo non è un poeta, ma il più grande divulgatore scientifico italiano, un gigante contemporaneo che ha dedicato la sua vita non a insegnarci delle cose, ma a educarci nell’apprendere attraverso di esse. A 91 anni compiuti, Piero Angela è il vero influencer di questa generazione; ha capito che per raggiungere i giovani non solo avrebbe dovuto cercarli nei luoghi che frequentano – la rete – ma parlare il loro linguaggio, producendo contenuti più fruibili e sintetici. E così ha fatto, realizzando una versione web di Superquark per RaiPlay. Non solo: ha scelto di dare spazio a cinque giovani ricercatori e divulgatori con cui ha diviso la scena nel suo nuovo format dedicato alla scienza, dimostrando ancora una volta che per essere grandi bisogna prima di tutto saper essere piccoli, e avere umiltà anche se si è immensi.

Oltre alla piattaforma digitale, tuttavia, Piero continua a essere presente in tv e a teatro con I segreti del mare, una conferenza-spettacolo che vede tra i protagonisti anche l’esploratore degli oceani Alberto Luca Recchi, il tutto accompagnato dal sottofondo musicale del pianista Danilo Rea con la conduzione di Pino Strabioli. La bravura di Recchi e Angela sta nel rendere poetico il racconto della storia del mare affrontata dal punto di vista evoluzionistico e naturalistico, facendoci comprendere che conoscere la scienza e la storia del nostro pianeta non significa imparare nozioni da snocciolare freddamente, piuttosto contemplarne gli aspetti più veri e profondi, e procurarci gli strumenti per riflettere e coglierne l’aspetto emozionale.

Dopotutto, la curiosità nei confronti del mare di Alberto Luca Recchi risale ai racconti della nonna – che gli narrava storie meravigliose di giganti che uscivano dall’acqua e inghiottivano le barche dei marinai – e dall’invenzione di tre oggetti rivoluzionari: maschera, pinne ed erogatore, che hanno permesso all’uomo di scoprire che sotto la superficie del mare si nascondeva un altro paradiso; un mondo fino a quel momento rimasto intatto, in cui non era cambiato praticamente nulla, pieno di animali di ogni tipo, forma, colore. E un giorno, proprio quando Recchi stava sanguinando a causa di una ferita procuratasi su uno scoglio, è arrivato anche il mostro. Uno squalo tigre maestoso e inquietante, che l’ha guardato, immobile, per poi passargli accanto e allontanarsi. Un episodio determinante, che l’ha portato a cercare gli squali in tutti i mari del mondo. 

Oltre a fare da sfondo a innumerevoli avventure, l’oceano è anche l’incubatore della vita. Piero, con i suoi modi garbati e la voce dolce e delicata, spiega come in mare si siano sviluppati gli esseri viventi, all’inizio talmente semplici da replicarsi attraverso la divisione cellulare, per poi arrivare a organismi complessi in cui appare la diversificazione e, con essa, la morte. E, quando si muore, non si lasciano solo i geni, ma la memoria, perché le cellule di memorie messe insieme fanno la forza della nostra specie. «Una morte creativa» come la definisce lui. 

Ma l’oceano sarà sempre indispensabile per la nostra sopravvivenza, in quanto produce il cinquanta per cento dell’ossigeno che respiriamo. Un respiro su due arriva dal mare. E allora si realizza quanto sia importante ripristinare il suo stato di salute, che oggi non è affatto buono. Piero lo definisce «il gigante addormentato» perché dà l’impressione che non succeda niente; in realtà si sta modificando, ma ogni trasformazione avviene in silenzio. E i cambiamenti del mare sono visibili anche nel calendario che Recchi realizza da trent’anni: quello per il 2020, che sarà l’ultimo, per la prima volta immortala i rifiuti e come questi sono stati convertiti in rifugi dalle creature marine.

«Abbiamo scoperto la storia della vita quando il primo essere vivente si è affacciato fuori dall’acqua dicendo: “Uè, cosa succede in un altro pianeta che è la Terra?”» conclude Angela. «All’inizio la Terra era un deserto brullo di lava, non c’era niente, poi sono nati la sessualità, la vita, la socialità, la morte. Raccontare questa storia ci permette di situarci meglio su questo pianeta e capire una cosa importantissima: che noi siamo piccoli rispetto alle grandi forze che hanno guidato questa trasformazione. Il vero problema è l’uomo con il suo comportamento».

«Oggi, quando vado per mare» aggiunge Recchi, «mi sembra di fare visita a un paziente che sta morendo lentamente. Quando ero piccolo era pieno di animali anche davanti la riva. In una sola generazione, la nostra, è finito tutto. Nuotare al fianco di una balena ti ricorda che non siamo i padroni della natura e capisci che in mare sei un ospite, e da ospite ti devi comportare. Ma una buona notizia c’è: in mare quasi tutte le creature depongono milioni di uova. Se lo lasci in pace si ripopola».

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